La TOLETTA di Hogarth
Toletta di William Hogarth (1744), olio su tela, 68.5 x 89 cm, Londra, National Gallery.
Il pittore inglese William Hogarth, celebre per le sue incisioni, ritrae con attenzione minuziosa scene e personaggi della quotidianità londinese del Settecento. I suoi ironici ritratti di gruppo, che raccontano vere e proprie storie, raccolgono ampi consensi di pubblico: nella Toletta l’artista si dimostra dissacratore e aspro critico della condotta morale del suo tempo. (Federico Zeri).
ANALISI DELL’OPERA
La Toletta fa parte di un ciclo di sei dipinti, intitolato Matrimonio alla moda. I sei quadri rappresentano sei differenti scene che hanno una precisa successione narrativa, in cui si rappresenta la storia di un matrimonio di interesse, combinato per reciproca convenienza, senza alcun coinvolgimento sentimentale. È la storia del nobile inglese Lord Squanderfield, discendente di una onorata casata, ma ridotto pressoché in miseria, il quale accetta di sposare la figlia di un ricco mercante di umili origini. Il finale della vicenda è assai tragico, giacché la giovane sposa, abituata alla tranquilla vita di campagna, non riuscirà ad adattarsi alla vita cittadina e non riuscirà a sottrarsi ai vizi e alle lusinghe della mondanità, da cui verrà travolta, finendo in povertà e morendo di malattia, dopo l’uccisione in duello dello Squanderfield da parte dell’amante di lei. Dalla storia dipinta di Hogarth verranno tratti il poemetto Marriage a-la-mode: an humourous tale, il romanzo The Marriage Act e la commedia The Clandestine Marriage.
I sei dipinti, che sono il capolavoro assoluto di Hogarth, e che raccontano l’amara vicenda, sono nell’ordine: il Contratto, la Mattina, Dal ciarlatano, la Toletta, Morte di lui, Morte di lei.
La scena è immaginata come una scena di teatro, più che pittorica, coi personaggi sistemati come su un palcoscenico e disposti frontalmente allo spettatore, a formare un arco. Le pareti dietro le figure costituiscono, in effetti, una sorte di quinta scenografica più che i muri di un ambiente vero e proprio, di una stanza chiusa. D’altronde le loro espressioni, così come le loro posture e i gesti, ci sembrano quelli tipici di attori che stanno recitando, per come sono accentuale le loro movenze, per come sono grottesche le loro fisionomie e caricaturali le loro facce. Si tratta di un’autentica rappresentazione, non uno spaccato di vita vissuta, in cui tutti stanno recitando a meraviglia la loro parte, su questo non c’è dubbio alcuno. E su ciò l’autore è affatto esplicito, dall’alto della sua cultura, da parte di chi sa bene che l’arte è finzione, messinscena, specchio deformante ma ragionato della realtà, modo per rappresentare e capire la vita. Difatti il ciclo di cui la Toletta fa parte, Matrimonio alla moda, è una novella dipinta o, se si vuole, una tragicomica opera teatrale, ma sempre una narrazione o, per meglio dire, una tragicomica storia, che ha una sua precisa morale perfettamente comprensibile. Ma oltre l’ammaestramento morale, la critica di Hogarth a certa società danarosa, vacua e mondana del suo tempo, è persino spietata e crudele, proprio perché tratteggiata con accenti di grande comicità. Siamo nel Regno Unito di Giorgio II. Nei fasti di una grandeur tutta inglese, Hogarth dipinge il suo ideale Satyricon a puntate, un po’ come un moderno Petronio, un po’ come un mancato Moliere, denunciando i cattivi andazzi e le goffaggini del suo tempo, ma anche quelli propri e sempiterni dell’uomo.
L’opera va commentata partendo dai personaggi principali, che sono sicuramente la contessa e il suo amante.
Mentre un parrucchiere svizzero le acconcia i capelli, la contessa osserva sdolcinatamente il suo amante, Lord Silvertongue, che tiene in mano un invito per un ballo in maschera. Adagiato su un sofà, le sta spiegando le allegorie dipinte sul paravento alle proprie spalle. La madre di lei, Lady Lane, ignorando il servitore nero che le sta porgendo il caffè, ascolta incantata la romanza che il grassoccio cantante sta interpretando, accompagnato dal flautista dietro di lui. Il marito, Fox Lane, intanto sonnecchia, insensibile al suono flautato e al bel canto dei musici, tenendo in mano il suo frustino da caccia. Un personaggio coi bigodini, oltremodo buffo, e un altro alla sua sinistra, sicuramente Lord Squanderfield, del tutto inadeguato alla situazione, sono entrambi intenti ad ascoltare la melodia, sorseggiano gustosamente il caffè, con gesti molto convenzionali.
Del resto, all’affettazione dei personaggi, corrisponde tutta una serie di elementi che ne sottolinea l’inadeguatezza al ruolo cui sono ascesi e il loro cattivo gusto, che l’artista sa rendere perfettamente con una attenzione minuziosa a ogni dettaglio. Hogarth è straordinario nel far apparire ogni cosa casuale, mentre tutto è stato attentamente disposto dalla sua geniale regia, arredi oggetti e personaggi.
Così, mentre la contessa civetta col suo amoroso e il resto dei convenuti si diletta con la musica e col canto, un piccolo paggio nero gioca con delle cianfrusaglie esotiche e mitologiche acquistata a un’asta dalla contessa, indicando le corna di una statuetta di Atteone, e alludendo in tal modo alle scappatelle della contessa.
Sulla parete di destra si vedono due dipinti. Si tratta di due quadri famosi, due colte citazioni, ovviamente, anche utili alla storia: Giove e Io di Correggio e Loth e le figlie, che allora era attribuito al Caravaggio. Sull’altra parete si vedono un Ratto di Ganimede e il ritratto di Silvertongue, l’amante della contessa. Come subito si capisce, nulla, ma proprio nulla è lasciato al caso.
Il ciclo Matrimonio alla moda:
Il Contratto
Un nome molto popolare, non solo fra gli artisti, ma anche fra i profani, è quello di Hogarth, uno dei più notevoli artisti in fatto di comicità... Ho sentito dire spesso, a proposito di lui, che è il funerale della comicità: frase che, lo ammetto, può essere considerata spiritosa, ma che preferisco credere elogiativa; e a tale malevola definizione, deduco il sintomo, la diagnosi di un merito particolarissimo. Si noti bene che, in effetti, l’ingegno di Hogarth ha qualcosa di freddo, di funebre: fa stringere il cuore. Brutale e violento, ma sempre preoccupato del senso morale delle sue composizioni, moralista innanzitutto, la sovraccarica, come il nostro Grandville, di particolari allegorici e di allusioni, allo scopo di completare e rendere evidente il proprio pensiero. Accade invece talvolta, contrariamente all’intenzione di Hogarth, che essi ritardino e confondano la comprensione dello spettatore – stavo quasi per dire: del lettore –.
Vita in breve di William Hogarth.
Hogarth nasce nel 1697 a Londra, il 1° novembre. Nel 1721 inizia la sua attività di incisore. Nel 1729 sposa Jane Thornhill. Nel 1731 dipinge il ciclo Carriera di una prostituta. Nel 1735 completa il ciclo Carriera di un libertino. Nel 1736 inizia a lavorare al ciclo dei Quattro tempi della giornata. Nel 1744 dipinge il ciclo Matrimonio alla moda. Nel 1745 dipinge il ciclo Matrimonio felice. Nel 1753 pubblica il saggio estetico Analisi della bellezza. Nel 1754 dipinge il ciclo Campagna elettorale. Nel 1757 è nominato consigliere dell’Accademia Imperiale di Germania e sopraintendente, in Inghilterra, delle opere di Sua Maestà. Nel 1764 muore, il 25 ottobre.
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE.
Cento Dipinti: Hogarth, Toletta, Federico Zeri, Rizzoli.
IL POST SOPRA RIPORTATO HA SCOPO ESCLUSIVAMENTE DIVULGATIVO, ED È RIVOLTO PERTANTO AGLI STUDENTI E AGLI APPASSIONATI.
Commenti
Posta un commento