ALLEGORIA DELLA PITTURA di JOHANNES VERMEER

  


Johannes Vermeer (1632 -1675), Allegoria della pittura, (1662 – 1666), olio su tela, 120 x 100 cm – Vienna, Kunsthistorisches Museum.


Il quadro, oggi noto anche coi titoli Pittore e la sua musaAtelier, Arte della pittura, o Pittore al lavoro, e firmato sul bordo inferiore della carta geografica. Alla morte dell’autore esso rimase presso la vedova, Catharina Bolnes, che lo cedette a sua madre, Maria Thins, a garanzia di un debito di 1000 fiorini contratto dal maestro l’anno prima. Molto probabilmente, il dipinto fu poi venduto, per conto di Maria Thins, nel 1696, all’asta allestita con le opere dello scomparso collezionista Jacob Abraham DissiusAlla fine del Settecento figurava nella collezione del barone Gottfried van Swieten. Nel 1813 passò per 50 fiorini austriaci nella collezione del conte Czernin di Vienna, di cui fece parte fino al 1942, quando fu confiscato da Adolf Hitler. Nel 1946 fu restituito al Kunsthistorisches Museum, dove era già depositato prima della guerra.

 

ANALISI DELL’OPERA

L’opera, conosciuta con vari titoli, rappresenta un pittore al lavoro, nel chiuso del proprio atelier, il cui spazio è ben definito prospetticamente – col punto di vista centrale e interno all’ambiente –, di cui si percepisce un bell’effetto di profondità, soprattutto per il tendaggio in primo piano, fermato da una seggiola. Accorgimento, questo, utilizzato da Vermeer in altri dipinti come, per esempio, Signora che scrive, o Allegoria della fede

Secondo un’interpretazione ormai superata, il soggetto veniva identificato, in relazione all’agghindamento della modella, come una sorta di allegoria della Fama. Mentre oggi si riconosce pressoché universalmente che la giovane in posa, probabilmente la secondogenita dell’artista, rappresenti invece Clio, musa della storia. La giovane, coronata d’alloro, regge una tromba e il libro della storia, e volge lo sguardo verso il tavolo, su cui si trovano un quaderno, una testa di gesso con gli occhi cavi – la maschera di Talia, che allude evidentemente alla scultura –, un libro, quello di Polimnia. Tali oggetti sarebbero un chiaro riferimento alle sorelle mitiche di Clio, e costituirebbero, secondo lo storico Charles de Tolnay, una specie di paragone delle tre arti plastiche, in cui la pittura prevale, dato che è rappresentata proprio nel personaggio del pittore, lo stesso Johannes Vermeer, molto verosimilmente. Ma che sia o non sia un autoritratto, nulla cambia nel significato e nella straordinarietà dell’immagine. C’è da rimarcare, comunque, che all’asta del 1696, il quadro venne così menzionato: Ritratto di Vermeer in una stanza con vari accessorid’una bellezza raradipinto da egli stesso.

Il pittore, che dà le spalle allo spettatore, non è in abiti da lavoro, ma in abiti ordinari, ed è seduto davanti al cavalletto. Si serve del poggia-mano, seppure sia soltanto all’inizio del lavoro. Volge lo sguardo verso la modella, abbigliata come un’antica musa con un drappo azzurro, inondata della luce calda che entra da una finestra, nascosta dal tendone in primo piano. È una luce naturale, avvolgente, che invade e definisce lo spazio, che restituisce la percezione dell’aria, e si posa sulle cose e sui personaggi, animandoli, rendendoli veri. 

È la luce l’elemento vivificante dell’immagine, che si trasfigura dalla realtà senza perdere nulla di essa. Persino gli oggetti, attraverso la luce naturale di Vermeer, si percepiscono in tutte le loro qualità: sostanza materica, peso, volume, forma, colore. Cosicché della carta geografica appesa sulla parete di fondo, ne avvertiamo ogni minima particolarità, dalle esatte piegoline alla sottile superficie stampata, un po’ scolorita e sciupata dal tempo. Ecco, nella pittura di Vermeer si percepisce anche il senso del tempo. Nella sua visione l’essenza del reale è catturata in ogni aspetto: valori materici, luce, aria, spazio, tempo, forme, colore.    



VITA DI JOHANNES VERMEER

Johannes Vermeer nasce a Delft, nell’anno 1632. Nel 1653 sposa Catharina Bolnes, di ricca famiglia cattolica. Per poterla sposare l’artista si converte al cattolicesimo. Nello stesso anno è accettato nella ghilda dei pittori della città di Delft. Nel 1654 avviene la disastrosa esplosione della polveriera di Delft, che causa danni anche alla locanda del padre, che commercia anche quadri e che muore l’anno successivo. Nel 1657 Vermeer è in difficoltà economiche e deve servirsi di un prestito di 200 fiorini. Nel 1662 è eletto vice decano nella ghilda di San Luca. Nel 1670 muore la madre e il pittore eredita la locanda di famiglia. Nel 1672 scoppia la guerra d’Olanda. I francesi invadono i Paesi Bassi, dando luogo a saccheggi e devastazioni, ponendo fine a quella che gli storici chiamano età dell’oro della pittura fiamminga, in cui sono state prodotte più di cinque milioni di opere di vario genere. Nel 1675 Johannes Vermeer, in serie difficoltà economiche, muore, il 15 dicembre. Due anni dopo la morte dell’artista, sua moglie Catharina Bolnes ne ricorda le complicazioni degli ultimi anni di vita, scrivendo: “Nel corso della lunga e rovinosa guerra con la Francia, egli non solo non aveva potuto vendere i suoi quadri, ma per di più, con suo gran danno, i dipinti degli altri pittori che commerciava erano rimasti invenduti. Per via del grande carico dei figli [Vermeer aveva 11 figli], non avendo personali mezzi di fortuna, era caduto in un tale stato di ansietà e di decadimento che in un giorno, un giorno e mezzo era passato da uno stato di buona salute alla morte.”

 

I FALSI VERMEER 

Il pittore olandese Han Anthonius van Meegeren (1889 – 1947), particolarmente dotato, si specializzò nella contraffazione di Vermeer, riuscendo a spacciare per veri dei falsi da lui realizzati, tutti di soggetto sacro. Riuscì addirittura, con l’aiuto di un mercante d’arte, a vendere uno dei falsi da lui realizzati al generale nazista Herman Göring per 5 milioni di fiorini. Alla fine della seconda guerra mondiale, per i contatti avuti coi nazisti, Meegeren fu accusato di collaborazionismo. Per evitare una pena esemplare, fu costretto a rivelare la truffa dei falsi da lui architettata. 

Han Anthonius van Meegeren, L’incontro a Hemmaus (1936 -37), Rotterdam, Museum Boymans-van Beuningen   

 

 

BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE:

SILVIA DANESI SQUARZINA, Vermeer, Giunti, Firenze,1990.

PIERO BIANCONI, Vermeer. Rizzoli, Milano,1996.

 

IL POST SOPRA RIPORTATO HA CARATTERE ESCLUSIVAMENTE DIVULGATIVO E DIDATTICO, DESTINATO PERTANTO AGLI STUDENTI E AGLI APPASSIONATI. 

 

© G. LUCIO FRAGNOLI

 

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