LOTTA DI GIACOBBE E L'ANGELO di PAUL GAUGUIN

 


Paul Gauguin (1848 -1903), La lotta di Giacobbe e l’angelo (La visione dopo il sermone– 1888, olio su tela, 73 x 92 cm – Edimburgo, National Gallery of Scotland.

ANALISI DELL’OPERA

La lotta di Giacobbe e l’angelo (La visione dopo il sermone), fu dipinto da Paul Gauguin nel suo secondo soggiorno in Bretagna. L’artista vi aveva soggiornato la prima volta nell’estate 1886, prendendo alloggio alla pensione di Marie-Jeanne Gloanec, che era un vero e proprio ritrovo di artisti.

Dopo la disastrosa esperienza in Martinica e a Panama, ci ritornò per la seconda volta, nella primavera del 1888, sempre alloggiando dalla locandiera Marie-Jeanne Gloanec, dove conobbe il giovane pittore Émile Bernard (1868 – 1941), dal quale apprese lo stile del cloisonnisme  da cloison (partizione, separazione) –, basato su zone di colore uniforme chiuse da una netta e composta linea di contorno. Tale stile Bernard lo aveva ripreso, oltre che dagli smalti di Limoges, soprattutto dalla tecnica di realizzazione delle vetrate gotiche, nelle quali i vetri colorati sono inseriti in intelaiature di piombo, che appaiono come spesse linee di disegno scure che chiudono i colori e li separano pertanto l’uno dall’altro. Gauguin sperimenta preso questo stile nel dipinto La visione dopo il sermone, avvalendosi anche dello studio delle stampe giapponesi, di cui Gauguin era appassionato. In esse prevale la ricerca di una linea disegnativa elegante e armonica, che circoscrive sempre il colore, non indebolito dalle ombre e dal chiaroscuro. La scelta della linea, la più fluida e armoniosa possibile, caratterizza quindi le immagini pittoriche giapponesi, che sono essenzialmente concettuali e rievocative rispetto alla realtà raffigurata. 

L’opera rappresenta la scena, affatto immaginaria, in cui alcune donne bretoni, dopo la messa, suggestionate dal sermone tenuto dal predicatore sull’episodio della Genesi in cui si narra della lotta di Giacobbe con l’angelo, uscite dalla chiesa, ancora suggestionate dall’omelia sacerdotale, si sorprendono di fronte alla visione dell’episodio biblico, che si concretizza prodigiosamente innanzi ai loro occhi, come per l’effetto della loro incrollabile e cristallina fede cristiana. Allora si estasiano, chinano il capo, raccogliendosi in preghiera, come se lo sconfinamento dal loro piccolo mondo reale e rurale a un altro, arcaico e soprannaturale, fosse del tutto attuabile. Cosicché l’immagine si compone di due situazioni: in basso e a sinistra, vi sono le donne bretoni, oranti, nei loro caratteristici costumi, di cui l’autore esalta la loro semplice devozione; in alto c’è la sovrumana lotta di Giacobbe contro l’angelo, che si svolge su un suolo rosso, oltre un tronco d’albero ricurvo, ripreso da una stampa giapponese. Che sembra dividere in due la narrazione pittorica. Da una parte il possibile, dall’altra l’impossibile.

Ne La lotta di Giacobbe e l’angelo, sicuramente, l’immagine è organizzata su due piani principali, con un punto di vista molto alto, come in talune stampe nipponiche: un primo piano, quello delle figure; un secondo piano, quello della lotta (Genesi, 32 -23-31). Benché l’angelo non vuole sconfiggere Giacobbe (lo potrebbe fare agevolmente), ma vuole modificare la volontà ribelle di Giacobbe, per renderlo un vero figlio del Signore.

Nella rappresentazione dei personaggi il pittore inizia a utilizzare la linea di contorno, alquanto attenuata, delicata e semplificatrice; diviene in altro termine, sintetica, separando dal superfluo soltanto l’essenziale. All’interno della linea il colore è fitto e piatto, non descrittivo e mentale, simbolico, privo di chiaroscuro e ombreggiature, con la materia pittorica stesa senza rilievo, livellata sul piano della tela.

In definitiva, quello di Paul Gauguin è uno stile molto elaborato, che si avvale di diverse scelte stilistiche, tenute insieme e armonizzate dalla grande sensibilità creativa dell’artista e dell’uomo insieme. La prima importante scelta stilistica di Gauguin riguarda il recupero della bidimensionalità dell’immagine, indispensabile a creare quel sofisticato senso simbolico e di astrazione che hanno tutte le sue opere. La bidimensionalità e dunque il principio primario della sua particolare visione, dentro cui si concretizzano tutti gli accorgimenti stilistici già osservati, e che è inutile ripetere – ma guai a parlare di tecnica, essa come diceva il grande Roberto Longhi, finisce dal droghiere, dove si comprano i colori –.  

 

Gauguin, Autoritratto.

Gauguin si è creato da sé la propria leggenda: la leggenda dell’artista che si mette contro la società del proprio tempo e ne evade per ritrovare in una natura e tra genti non guaste dal progresso la condizione di autenticità e d’ingenuità primitive, quasi mitologiche, in cui può ancora sbocciare il fiore, orami esotico, della poesia, che il clima dell’Europa industriale uccide. (Giulio Carlo Argan)


Eugène Delacroix, Giacobbe lotta con l’angelo (1854 - 1861), particolare, olio e cera su intonaco (751 x 485 cm.), Parigi, Chiesa di Saint-Sulpice.


Dalla GENESI (La lotta di Giacobbe con l’angelo)

Durante quella notte egli si alzò, prese le due mogli, le due schiave, i suoi undici bambini e passò il guado dello Iabbok. 24Li prese, fece loro passare il torrente e portò di là anche tutti i suoi averi. 25Giacobbe rimase solo e un uomo lottò con lui fino allo spuntare dell’aurora26Vedendo che non riusciva a vincerlo, lo colpì all’articolazione del femore e l’articolazione del femore di Giacobbe si slogò, mentre continuava a lottare con lui. 27Quello disse: «Lasciami andare, perché è spuntata l’aurora». Giacobbe rispose: «Non ti lascerò, se non mi avrai benedetto!». 28Gli domandò: «Come ti chiami?». Rispose: «Giacobbe». 29Riprese: «Non ti chiamerai più Giacobbe, ma Israele, perché hai combattuto con Dio e con gli uomini e hai vinto!». 30Giacobbe allora gli chiese: «Svelami il tuo nome». Gli rispose: «Perché mi chiedi il nome?». E qui lo benedisse. 31Allora Giacobbe chiamò quel luogo Penuèl: «Davvero – disse – ho visto Dio faccia a faccia, eppure la mia vita è rimasta salva». 32Spuntava il sole, quando Giacobbe passò Penuèl e zoppicava all’anca. 33Per questo gli Israeliti, fino ad oggi, non mangiano il nervo sciatico, che è sopra l’articolazione del femore, perché quell’uomo aveva colpito l’articolazione del femore di Giacobbe nel nervo sciatico(Genesi, 32 – 23 – 31).

 

BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE:

PIERO ADORNO, L’arte italiana. Dal Settecento ai nostri giorni, Vol. 3. Casa editrice G. D’Anna, Messina Firenze,1994.

G. C. ARGAN, Storia dell’arte italiana, Vol. 3°, 1993, Sansoni, Milano.

CRICCO – DI TEODORO, Itinerario nell’arte, Vol. II, 2012, Zanichelli, Bologna.

AUTORI VARI, Storia universale dell’arte. Il XX secolo. De Agostini, Novara,1991.

 

IL POST SOPRA RIPORTATO HA CARATTERE ESCLUSIVAMENTE DIVULGATIVO E DIDATTICO, DESTINATO PERTANTO AGLI STUDENTI E AGLI APPASSIONATI. 


© G. LUCIO FRAGNOLI

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