IMPRESSIONE SOLE NASCENTE di CLAUDE MONET



Claude Monet (1840 – 1926), Impressione, sole nascente (1872) 

( olio su tela, cm.48x cm. 63), Parigi, Musée d’Orsay.

 

ANALISI DELL'OPERA

 

Il quadro fu esposto alla prima mostra degli impressionisti, nello studio del fotografo Nadar, nel boulevard des Cappucines.

L’opera, nelle intenzioni di Monet, doveva raffigurare uno scorcio del porto di Le Havre, ma considerato che il luogo non era pressoché riconoscibile, lo stesso autore, dovendo suggerire un titolo per il catalogo della mostra, suggerì quello di Impressione, sole nascente.

Infatti siamo alle prime luci dell’alba. La vista è quella di un porto in cui sono visibili le sagome incerte di alcuni battelli ormeggiati, avvoltolati dalla bruma umida, che riflettono le loro forme frammentate dal tremolio dell’acqua. Allato e dietro le imbarcazioni si scorgono i moli con delle costruzioni e le rispettive attrezzature portuali, immerse pure nella coltre nebbiosa, sotto un cielo gravato da dense nuvole basse, dentro cui emerge un sole scialbo e rossastro, che si riflette come una scia vacillante nel mare. I contorni grigi appena accennati di due piccole barche di pescatori scivolano nell’acqua, verso l’osservatore, e danno un effetto di profondità all’immagine, in un’atmosfera di forte suggestione emotiva, in una visione trasognata, sostanzialmente romantica.    

Nel dipinto sono presenti tutti gli elementi della pittura di Monet, che consistono nel raffigurare il soggetto ad una certa ora del giorno e ad una particolarissima situazione di luce, in una visione di resa istantanea del reale, nella quale sia evidente l’immediatezza della percezione visiva. Anche la luce, affidata ai pochi brillii rosseggianti del sole nascente, è di straordinario effetto nel grigiore acquoso del porto. Le pennellate di colore sono sempre percepibili, in tocchi veloci o a tratti più larghi, che annullano il senso del dettaglio in favore della vivezza dell’insieme.   

  

 

LA RIVOLUZIONE IMPRESSIONISTA.

 

L’impressionismo è stato fondamentalmente un movimento neoromantico, generato da un gruppo di pittori, convinti e ostinati propugnatori delle loro idee, tra i quali, i più rappresentativi e impegnati, sono stati Monet, Renoir, Pissarro e Degas.

Essi partivano dal rifiuto dell’arte ufficiale concepita e consumata nel circolo vizioso dei Salon, massima istituzione artistica e mondana della Parigi imperiale. Si trattava di mostre statali, ove le opere esposte erano preventivamente selezionate da una giuria, la quale ammetteva soltanto composizioni ripetitive e retoriche, ancorate alla tradizione accademica, prodotte per compiacere il gusto artefatto di un pubblico conformista e retrogrado, respingendo i lavori più innovativi.

Per ovviare alle proteste degli artisti puntualmente esclusi dal Salon, nel 1963 Napoleone III aveva fatto allestire un Salon-Annexe, subito spregiativamente battezzato Salon des RefusésSalone dei Rifiutati. Al Salon-Annexe del 1863, Édouard Manet, primo vero padre spirituale dell’impressionismo, aveva presentato la sua provocatoria Colazione sull’erba, un enorme sasso lanciato nello stagno dell’immobilismo artistico parigino, l’indiscusso manifesto del nuovo corso, nello scandalo del pubblico più abitudinario ed anche nella stizza di artisti di larghe vedute come Delacroix. Lo stato di cose non era cambiato più di tanto nemmeno nel tempo immediatamente successivo alla disfatta dell’imperatore a Sedan.

Cosicché, il gruppo, variegato e ideologicamente eterogeneo, tagliato fuori dal grande giro dell’arte di sistema, si riuniva puntualmente al Caffè Guerbois  (in seguito anche al Caffè Nouvelle Athène ), quasi sempre dopo il tramonto, quando non si poteva più dipingere. Il gruppo di Batignolles, dal quartiere ove era situato il  Caffè Guerbois, aveva organizzato la prima mostra degli “artisti indipendenti”, allestita nei locali dello studio fotografico del celebre Nadar, ed inaugurata il 25 aprile del 1874. Ovviamente l’iniziativa, cui parteciparono trenta pittori, che avevano esposto trecento quadri, era stato un completo insuccesso, con un afflusso di visitatori assai deludente. Il giornalista e critico Louis Leroy aveva recensito la manifestazione con un articolo sul giornale satirico lo Charivari, in cui fingeva di visitare la mostra in compagnia di un affermato vecchio pittore, al quale tentava di spiegare il senso dei dipinti esposti, utilizzando spesso il termine “impressioni”, deducendolo dal famoso quadro di Monet, e servendosene infine per il titolo da dare al sarcastico pezzo: “Mostra degli Impressionisti.”

Da allora gli artisti del gruppo, che non perseguivano fini politici, sono stati  universalmente conosciuti come impressionisti.

La visione impressionista può essere riassunta in alcuni princìpi stilistici generali che sono: la presa diretta e la percezione momentanea del reale; l’indifferenza del soggetto con preferenza per il paesaggio e per le scene di genere; la pittura all’aria aperta (en plein air); la predilezione per il colore e per la luce sul disegno. Sebbene ogni impressionista ha interpretato in modo sempre molto soggettivo questi principi generali. Alcuni come Degas hanno rivalutato e ritenuto essenziale la funzione del disegno.

Per come la penso io, quella impressionista è da considerarsi una vera e propria rivoluzione, non solo artistica ma anche culturale - nel significato più ampio del termine -, dato che la pittura, con l’impressionismo, diviene un mezzo espressivo diffuso e democratico, facilitato dal non trascurabile fatto che i colori, prodotti industrialmente, sono poco costosi, facilmente reperibili e pronti all’uso. Ma la rivoluzione impressionista consiste anche e soprattutto nel rinnovato modo di approcciarsi al mondo, scoprendo la poesia nell’armoniosità ordinaria della natura o nei contesti di vita più scontati, documentando con metodo serio la grande commedia umana che verrà chiamata appresso Belle Époque, coi sui slanci mondani, la sua banale quotidianità, la sua noia e le sue piccole miserie. 

 

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© G. LUCIO FRAGNOLI


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