La leggerezza e la sensualità rococò nell'ODALISCA BRUNA di François Boucher

 

 François Boucher (1703 -1770), L’odalisca bruna, 1745, olio su tela, 53 x 64 cm – Parigi, Louvre.

ANALISI DELL'OPERA

Il dipinto rappresenta la moglie dell’artista in una posa inconsueta quanto originale, a pancia in sotto, sicuramente alquanto provocante. È una raffigurazione che rientra nel genere molto praticato dai pittori rococò, quello della scena galante, ossia di ordinari momenti di vita mondana di persone dell’alta società. A tale genere appartengono, per esempio, soggetti tipo dame alla toletta o impegnate in futili passatempi, allusive di intrighi sentimentali e di sotterfugi erotici, col coinvolgimento di mariti e amanti, come ne L’altalena di Jean-Honoré Fragonard. Era la trasposizione pittorica, in tutte le sue sfaccettature, di quella douceur de vivre che pervadeva il tempo del rococò, perfettamente espressa da Antoine Watteau in Pellegrinaggio a Citera, o Imbarco per Citera, due dipinti quasi identici, pervasi da una spensierata passionalità e leggerezza.

Nell’opera, la giovane donna – un’odalisca assai improbabile –, dalle lattee e morbide carni, è comodamente distesa a ventre in giù su un ammucchiamento di soffici cuscini e materassi, con le gambe aperte e col sederone in bella mostra. Con la candida sottoveste tirata sulla schiena, fissa il riguardante con un’espressione sottilmente compiaciuta e con malcelata malizia. L’avvenente e prosperosa femmina abbraccia mollemente un cuscino, mentre con una mano tiene gentilmente una collanina di perle. Una seconda collana di perle, una piuma purpurea e una ciocca di finti capelli biondi le tengono la capigliatura bruna raccolti sulla nuca, lasciando completamente scoperti il collo e il viso, dai lineamenti delicati, impreziosito da un orecchino perlaceo a goccia che le pende dall’orecchio, dalle labbra color ciliegia e dagli occhi splendenti. 

Una luce vivida e diffusa inonda lo sfarzoso giaciglio e rifulge sul tenero incarnato, che cattura lo sguardo per l’effetto di vivezza e di un colorismo pulito e luminoso, sapientemente raffinato, dove le tinte chiare e calde ben si accordano col blu vellutato dell’enorme drappo che si stende come una armonica cascata dalla parete al materasso, in un effetto di scenografica e invitante alcova. Su un tavolinetto basso, dove l’artista ha posto la propria firma, sono poggiati un portagioie e una boccetta di essenze odorose, allusive alla pelle fresca e profumata, splendente e preziosa. 

Tutto riporta a un erotismo voluto e dichiarato, ove non traspare però una manifesta volgarità e viziosità, che restano garbatamente vinte dalla rara e tangibile bellezza e dalla soave carnalità della donna, dipinta magistralmente in un alone di stregata e stuzzicante seduzione, in un sincero invito al piacere e a godersi la vita.

François Boucher (1703 -1770), Ragazza distesa, o Odalisca bionda o Marie-Luise ‘O Murphy, 1751, olio su tela, 59 x 73,5 cm – Colonia, Wallraf-Richartz-Museum

Gustav Lundberg, Ritratto di François Boucher, 1741 olio su tela, Collezione privata.

VITA IN BREVE DI FRANCOIS BOUCHER

François Boucher nacque a Parigi nel 1703, figlio di un artigiano, ed ebbe come primo maestro François Lemoyne. A diciassette anni lavorò nella bottega dell’incisore Jean-François Cars, divenendo l’incisore delle opere di Antoine Watteau. Ottenne il premio dell’Accademia, nel 1723, esponendo anche un grande successo per la sua prima esposizione pubblica. Nel 1727 si recò in Italia, dove restò fino al 1731, per perfezionare la sua formazione. Nel 1734 fu ammesso all’Accademia. Dal 1740 espose regolarmente al Salon, guadagnandosi frattanto il titolo di decoratore capo della Reale accademia di Musica, dal 1744 al 1748. Nel 1765 fu nominato primo pittore, pur godendo da tempo di un alloggio al Louvre. Ma l’avversione degli intellettuali illuministi lo condannò all’emarginazione, portandolo alla tomba. Morì nel 1770.  

IL POST SOPRA RIPORTATO HA CARATTERE ESCLUSIVAMENTE DIVULGATIVO E DIDATTICO, DESTINATO PERTANTO AGLI STUDENTI E AGLI APPASSIONATI.  









© G. LUCIO FRAGNOLI


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