LA GRANDE ODALISCA di Jean-Auguste-Dominique Ingres
Di Jean-Auguste-Dominique Ingres, La grande odalisca (1814 - olio su tela - cm 86x162),
Parigi, Museo del Louvre.
ANALISI DELL'OPERA
La grande odalisca, commissionato da Carolina Murat nel 1813, fu dipinto a Roma, per fare da pendant ad un altro nudo realizzato dallo stesso Ingres. Ma il quadro non fu mai consegnato alla committente per via della caduta del Regno di Napoli, venne invece successivamente acquistato dal conte de Poutalès-Gorgier. L'opera fu esposta ai Salon del 1819,1848 e 1855.
Lo stupendo corpo dell’odalisca, con la sua linea sinuosa e duttile, è perfettamente collocato nello spazio oblungo del quadro, con una postura naturale ed elaborata al tempo stesso. Infatti la bella ottomana, adagiata su soffici panneggi, ci dà le spalle, in una torsione palesemente erotizzante, ma volgendo il capo verso di noi, in un’espressione docile e ammiccante. La luce è sapientemente calcolata per dare il giusto risalto plastico e delicatezza corporea al personaggio, comodamente immerso nel suo proprio contesto, definito da un letto con dei cuscini e delle stoffe setose, una tenda che scende sul letto, ai suoi piedi e precede lo sfondo scuro, in un effetto sublime di tinte. Il tono caldo dell’incarnato, un levigato rosa ambrato, si contrappone ai toni freddi della tenda, del letto e dei cuscini, all’azzurro del letto e dei cuscini, all’azzurro ricamato in oro della tenda. Ben si accorda la gamma degli azzurri al bianco del lenzuolo, al giallo della coperta, alle tinte ricercate dei monili, del tubante e del ventaglio. Evidenti, infine, sono i riferimenti alla Fornarina di Raffaello per il volto, e al Bronzino per la idealizzazione della linea disegnativa della figura.
Quello di Ingres è un oriente di sogno, lontano e misterioso, il suo oriente ottomano, in cui è possibile appagare qualsiasi desiderio. È un oriente in cui vengono evocate atmosfere incantevoli e personaggi di grande carica erotica, in una propria e particolare concezione della bellezza ideale, fatta di morbida e plasmabile corporeità fusa ad una raffinata sensualità. Le proporzioni allungate della figura - che suscitarono severe critiche da parte di qualche critico del tempo - vanno quindi osservate in relazione a questa capacità inventiva, capace di trasporre sulla tela una realtà erotizzante e fiabesca, ma completamente immaginata e tremendamente mentale.
Di Jean-Auguste-Dominique Ingres, Bagno turco (1828) - olio su tela -, Parigi, Museo del Louvre
(…) «Non ci sono in questa figura né ossa, né muscoli, né sangue, né vita, né rilievo, nulla infine di ciò che costituisce l’imitazione dal vero. La carnagione è grigia e monotona, non c’è neppure, a propriamente parlare, alcuna parte veramente saliente, tanto la luce è piatta, senza arte e senza cura.» (…)
C. P. Landon, Salon de 1819, in Annales du Musée.
«Secondo noi, uno degli aspetti che innanzitutto distinguono il talento di Ingres, è l’amore per le donne. Il suo libertinaggio è serio, pieno di convinzione. Ingres non appare mai tanto a proprio agio ed efficiente come quando impegna il suo genio con le grazie di una beltà.» (…)
C. Baudelaire.
«”Sono un Gallo ma non di quelli che hanno saccheggiato Roma.” Fedele a se stesso fino all’ultimo, Ingres è l’artista che porta lo spirito del Neoclassicismo oltre l’età napoleonica, interpretando anche i temi più romantici in chiave classicheggiante.»
F. Zeri.
Vita in breve di Ingres
Jean-Auguste-Dominique Ingres nasce a Mountauban il 20 agosto del 1870. Figlio maggiore del pittore Jean-Marie-Joseph, è scolaro di David, a Parigi dal 1797.
Nel 1801 vince il Prix de Rome con il dipinto Achille e gli inviati di Agamennone. L’anno successivo apre un atelier nell’ex convento dei Cappuccini, giungendo presto ad una notorietà che gli permetterà di eseguire nel 1804 il ritratto di Napoleone I console e due anni dopo Napoleone in trono.
Nel 1810 risiede e lavora stabilmente a Roma e nel 1813 sposa Madeleine Chapelle. In un periodo che va fino al 1914 dipinge opere di grande effetto come il Sogno di Ossian, Raffaello e la Fornarina, Paolo e Francesca e la Grande odalisca. Dopo la caduta di Napoleone nel 1815, lavora per una committenza ridotta e meno facoltosa.
Nel 1819 invia Ruggero e Angelica e la Grande Odalisca al Salon, riscuotendo giudizi poco favorevoli dalla critica.
Nel 1820 si trasferisce a Firenze e nel 1823 è eletto membro corrispondente dell’Accadémie des Beaux-Arts di Parigi. Dal 1824 è a Parigi e l’anno seguente vi apre uno studio in vie Visconti, ricevendo la Legion d’Onore e venendo anche eletto membro dell’Accadémie des Beaux-Arts.
Nel 1834 Ingres è di nuovo a Roma come direttore dell’Accademia di Francia.
Nel 1841 ritorna a Parigi.
Nel 1849 muore la moglie, ma l’artista si risposa, due anni dopo, con Delphine Ramel. All’Esposizione universale del 1855 espone 43 dipinti in una sala a lui esclusivamente dedicata. Nel 1862 è nominato senotore.
Il 1867, alla sua morte, viene allestita una grande mostra in suo onore all’École des Beaux-Arts.
© G. LUCIO FRAGNOLI
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